giovedì 27 febbraio 2014

La mozzarella “blu” cerchiamo di capire

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Interessante è l’articolo pubblicato il 17 febbraio 2014 sul sito http://www.qualeformaggio.it/
Scritto dal sig Roberto Rubino, presidente ANFoSC.

La settimana scorsa alcune agenzie di stampa hanno riportato la notizia che il sostituto procuratore di Torino, Raffaele Guariniello, aveva firmato quattro avvisi di garanzia nei confronti della Lat-Bri e della Granarolo. L'ipotesi di reato sarebbe quella di aver distribuito ‘in catene di consumazione sostanze alimentari non genuine’, in particolare contaminate, secondo l'accusa, dal batterio "pseudomonas fluorescens" responsabile della colorazione azzurrina che assumeva il prodotto all'apertura della confezione. Pare che l’accusa riguardi, nello specifico, l’uso di acqua contaminata dallo Pseudomonas.
Vediamo prima di capire di cosa stiamo parlando. Lo Pseudomonas è un batterio aerobico (ha bisogno di ossigeno e per questo si sviluppa in superficie) ed è presente naturalmente nell’ambiente e nell’acqua (è un batterio non patogeno e per questo non rientra nella normativa della potabilità).
Quindi, se l’acqua è considerata potabile anche se contiene lo Pseudomonas, perché mai i formaggi prodotti con quell’acqua dovrebbero essere vietati e chi utilizza quell’acqua viene citato in giudizio?
Colonie di Pseudomonas fluorescens in agar agar visualizzate sotto luce bianca - foto Ninjatacoshell® (Creative Commons License)
Continuiamo. Se  questo batterio è stato sempre presente nell’ambiente perché solo da qualche anno se ne sente parlare? Che cosa è cambiato in questi ultimi anni?
La prima cosa che è cambiata è l’utilità del batterio. Visto che non è vietato e visto che ha delle proprietà molto interessanti, viene utilizzato - ad esempio - nei cannoni della neve per abbassare il punto di congelamento, nell’asfalto, per aumentarne la solidità, nelle lettiere per un maggiore disseccamento, nei suoli per attivarne la vitalità. Quindi, oggi nell’aria e nell’acqua ce n’è molto di più perché l’uomo lo utilizza a piene mani? Allora, se è vietato nelle paste filate perché, questo batterio potenzialmente pericoloso (ma non lo è) è autorizzato per inquinare l’ambiente, l’acqua ed il suolo?
 
 
L’altro fattore nuovo, intervenuto nell’ultimo decennio è il cambiamento della tecnica della pasta filata.
Questo batterio è attivo da pH 4 a pH 8. Ha però il massimo dell’attività fra 5 e 8.
 
 
Purtroppo in questi ultimi anni la quasi totalità dei produttori ha adottato la scorciatoia dell’acido citrico, tecnica questa che agevola di molto i tempi e le procedure ma che, oltre ad ridurre al minimo la biodiversità microbica, fa filare la pasta a pH 5.6, un livello di acidità ideale per lo Pseudomonas.
Se a questo aggiungiamo che questo batterio è psicrotrofo, cioè privilegia le basse temperature, si capisce facilmente perché abbiamo fatto la conoscenza con la mozzarella blu. Anzi, personalmente penso che siano anche poche e che in futuro potranno solo aumentare. Le aziende potrebbero risolvere il problema ritornando al siero innesto ( naturale, prodotto in caseificio lasciando acidificare spontaneamente tutta la notte il siero della lavorazione del giorno precedentemente ) ma non lo faranno.
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Un’ultima osservazione. Il fenomeno della colorazione è solo italiano? L’ultimo numero della rivista francese La Chèvre (n.320, gennaio-febbraio2014) riporta addirittura che: “Lo Pseudomonas è divenuto la piaga dei caseifici". Navigando su internet si può vedere facilmente come da almeno dieci anni in Francia questo problema sia studiato da parte di produttori e ricercatori.
 
Quando nel corso della produzione i fermenti lattici vengono sostituiti totalmente o in buona parte con acido citrico o acido lattico tutto diventa più semplice e, soprattutto, più rapido, perché si salta la fermentazione. C’è però un inconveniente, se l’azione dei fermenti lattici è ridotta, alla fine il formaggio ha meno sapore e si cerca di rimediare con maggiori quantità di sale.
Si stima che la metà dei produttori utilizzi acido lattico e acido citrico per ridurre tempi e costi.
 La mozzarella fast si riconosce perché nell’elenco degli ingredienti normalmente si trova la dicitura: “correttore di acidità: acido citrico e/o acido lattico”.
I consigli si sprecano su come prevenire questo difetto, ed è considerato un difetto, non un delitto. I produttori cercano di limitare i danni perché uno degli effetti negativi (ce ne sono anche di positivi come lo sviluppo di alcune note aromatiche) è la presenza dell’amaro. Il prodotto non viene ritirato dal mercato ma al massimo viene deprezzato, e il consumatore non lo compra.
Per finire, una provocazione: se il produttore scrivesse sulla confezione: mozzarella blu, è passibile di denuncia? Quanti formaggi diventano blu (per effetto del Penicillium) quando sostano troppo nelle celle frigorifere o nelle cantine?



Il Professore Paparella Tg regionale Abruzzo RAI3 27 febbraio 2014







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Preferisco vedere questo tipo di blu
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sabato 8 febbraio 2014

Abbassamento dose minima Bisfenolo A: un primo passo per bandirlo definitivamente?

23 gennaio 2014

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L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) avvia una consultazione pubblica sulla bozza del documento che riporta il parere dell’Efsa riguardo ai rischi per la salute umana legati all’esposizione al bisfenolo A (Bpa), sostanza chimica usata per la produzione del policarbonato per recipienti a uso alimentare ( stoviglie di plastica, recipienti di plastica, bottiglie, ecc), oltre che per numerosi altri usi. Il Bpa è da anni una sostanza controversa, in quanto numerosi studi sperimentali e anche epidemiologici indicano una capacità di alterare l’equilibrio endocrino (in particolare interagendo con i recettori estrogeni) soprattutto nell’organismo in via di sviluppo. I consumatori sono inevitabilmente esposti a piccole quantità di Bpa tramite lo spostamento nei cibi e nelle bevande dai materiali che lo contengono e, dunque, è fondamentale valutare e monitorare gli eventuali rischi per la salute.

 

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Attualmente, l’uso del bisfenolo A è autorizzato nell’Unione europea ai sensi del regolamento 10/2011/Ue ma è proibito per la produzione di biberon per l’infanzia in policarbonato, secondo la direttiva 2011/8/Ue. L’uso del Bpa nei biberon in plastica è stato l’aspetto più discusso di questa sostanza, sia perché il bambino piccolo è più suscettibile dell’adulto agli interferenti endocrini come il Bpa, sia perché è il soggetto più esposto: il divieto nei biberon è scaturito da un precedente parere dell’Efsa (2010).

In Italia non sono quindi più in commercio biberon contenenti tale sostanza.

Però è presente in molte materie plastiche

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L’Efsa chiama dunque tutti i portatori di interesse (in particolare, ma non solo, gli organismi degli stati membri della Ue che hanno già valutato il Bpa) a formulare e inviare commenti entro il 13 marzo prossimo tramite la consultazione on line. Un segnale importante questo sia dal punto di vista della trasparenza e della validità del documento definitivo che verrà alla fine pubblicato, sia perché non è poi così frequente che le Agenzie internazionali mettano in discussione le proprie valutazioni.

L’attività passata dell’Efsa sul BpaimagesTITWWJNX

L’Efsa ha concluso la prima valutazione del rischio completa sul Bpa nel 2006 stabilendo una Dgt per il Bpa di 0,05 mg/kg pc, ma ha analizzato nuove informazioni anche negli anni successivi (2008, 2009, 2010 e 2011). In particolare, il parere, molto articolato, del 2010 ha ritenuto che non vi fossero prove sufficienti per poter rivedere la Dgt, ma ha identificato una serie di possibili effetti a dosi molto basse in studi tossicologici su animali in via di sviluppo: anche se la qualità degli studi lasciava a desiderare, questi effetti meritavano un approfondimento. Pertanto, nel 2012, la Commissione europea, considerando anche il vasto uso del Pba nei materiali a contatto con gli alimenti, ha chiesto all’Efsa una rivalutazione complessiva e (nei limiti del possibile) definitiva riguardo sia all’esposizione (per quali vie, alimentari e non, e quanto viene assorbito dall’organismo: parere finalizzato nel 2013) sia ai possibili effetti sulla salute, con particolare a quelli osservabili a dosi più basse di quelle utilizzate per definire la Dgt.

I risultati della valutazione: http://www.efsa.europa.eu/it/consultations/call/140117.htm

L’Efsa ha concluso una revisione dettagliata della letteratura scientifica sul bisfenolo A e delle valutazioni del rischio precedentemente eseguite da istituzioni con specifiche competenze in materia, individuando probabili effetti avversi sul fegato, sui reni e sulla ghiandola mammaria a dosi nettamente minori rispetto a studi precedentemente valutati e raccomandando di conseguenza che:

l’attuale dose giornaliera tollerabile (Dgt) venga abbassata da 50 µg/kg pc/die (o 0,05 mg/kg pc/die) al valore provvisorio di 5 µg/kg pc/die (0,005 mg/kg pc/die).

Da sottolineare è che in questa indagine l’Efsa ha preso in esame anche studi di ricerca che non rientrano negli usali test per sostanze chimiche ma che riguardano aspetti “non convenzionali” dei possibili effetti del Bpa sulla salute (per esempio sulla promozione di tumori e su aspetti specifici dello sviluppo dei sistemi riproduttivo, nervoso, immunitario, metabolico e cardiovascolare). Pertanto, il documento dedica particolare attenzione agli effetti a lungo termine dell’esposizione precoce in gravidanza e nella prima infanzia.

Il confronto con la valutazione dell’esposizione (ovviamente escludendo i biberon, ora proibiti nell’Ue) mostra che i livelli sono inferiori alla Dgt, pertanto l’attuale uso del Bpa presenta un basso rischio anche per i gruppi vulnerabili come donne in gravidanza e bambini piccoli. Nel contempo, dopo la valutazione dell’Efsa e l’abbassamento della Dgt sarà difficile ipotizzare un incremento dell’uso del BpA nella Ue, mentre potrà ricevere ulteriore incentivo la ricerca di sostanze alternative.

per chi volesse approfondire vedere un precedente:


http://grillipediatria.blogspot.it/2013/03/bisfenolo-discussione-al-parlamento.html

 

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